Appaiamento di basi: l’appaiamento di due nucleotidi (le unità di base del DNA e dell’RNA) tramite legami a idrogeno.
Autoassemblaggio: un processo automatico in cui una molecola o più molecole si riorganizzano per formare una struttura più complessa... altro
Bionanotecnologia: campo di studi che usa principi di ispirazione biologica per sviluppare nuove tecnologie su scala nanoscopica... altro
DNA: l'acido desossiribonucleico costituisce l'informazione che funge da "stampo" all'interno della cellula. É un acido nucleico ed è formato da mattoncini chiamati nucleotidi. L'informazione genetica è trasmessa di genitore in figlio... altro
Nanomacchina: una struttura molecolare che può essere progettata per svolgere un determinato lavoro su scala nanoscopica...altro
Polimero: un materiale formato da un elevato numero di mattoncini chimicamente simili... altro
Proteina: un tipo di molecola presente nelle cellule di tutti gli esseri viventi, fatta di speciali mattoncini chiamati aminoacidi.
“Pronti a formare Voltron! Attivare i collegamenti! … Mega propulsori, fuori! Voltron, aggancio totale! Piedi e gambe in posizione! Mani e braccia in posizione! E ora, la testa in posizione!”
La costruzione automatica di un robot nello spazio, purtroppo, è stata davvero possibile solo per la squadra di Voltron, nella vecchia serie animata. Ma oggi esiste davvero una versione di Voltron invisibile a occhio nudo.
Gli scienziati usano i materiali degli organismi viventi per costruire robot in miniatura su scala nanoscopica. A questa scala, gli scienziati devono rendere l'assemblaggio automatico (il che significa che avverrà da solo). Non possono rendere i normali strumenti da costruzione abbastanza piccoli da funzionare a quel livello. Chi sono gli scienziati in grado di costruire a quella scala? Sono i bionanotecnologi.
La bionanotecnologia studia come funziona il mondo vivente a una scala quasi atomica. Sapere come funzionano le parti più piccole del nostro mondo può essere utile per migliorare e sviluppare nuove tecnologie. Per continuare a fare progressi in questo campo, gli scienziati devono poter manipolare le forze nanoscopiche. Di conseguenza, capire come funziona il mondo a questa scala è fondamentale, specialmente quando si crea un Voltron nanoscopico!
La costruzione alla nanoscala è controllata da alcune forze o regole principali. Queste includono le configurazioni dei legami, le forze che guidano l'assemblaggio e la natura fisica delle molecole.
Le configurazioni dei legami sono i modi in cui le diverse molecole si dispongono quando si attaccano l'una all'altra. In natura si osservano delle configurazioni tipiche, che si formano quando una molecola, o parte di una molecola, trova la molecola giusta a cui unirsi.
Immaginiamo il processo come la costruzione del Voltron del cartone animato. Le gambe e le braccia di Voltron si formano a partire da elementi che si ripiegano in una struttura particolare. Se immaginiamo che si assemblino magneticamente, questo sarebbe simile a quanto avviene su scala nanoscopica con le forze di legame che mettono insieme i diversi pezzi in modi specifici.
Possiamo immaginare le forze che guidano l'assemblaggio come il modo con cui quelle forme si incastrano tra loro, un po’ come nel Lego. Le gambe e le braccia di Voltron combaciano perfettamente con la struttura di una parte specifica del corpo. Il braccio destro si connetterà perfettamente alla spalla destra, e così via. Su scala nanoscopica, possiamo immaginare che le forme si uniscano più o meno nello stesso modo. I diversi pezzi hanno forme specifiche e si connettono tra loro solo in determinati modi.
Guarda il nostro gioco Nano Building (solo in inglese) per esercitarti a costruire seguendo queste regole.
Infine, la connessione tra le subunità può essere più forte se sono disposte in un modo specifico. Ad esempio, per ogni set Lego, devi costruire la struttura del giocattolo in un modo specifico. Altrimenti, se mancano dei pezzi in un punto o ne metti alcuni nel punto sbagliato, il giocattolo potrebbe essere sbilanciato. Allo stesso modo, le strutture su scala nanoscopica possono essere rese più stabili sistemando alcune molecole in posizioni specifiche. In questo modo si può realizzare una solida base su cui continuare a costruire.
Gli scienziati comprendono il nanomondo così bene che sono stati in grado di sviluppare delle nanomacchine che si autoassemblano. Queste variano per dimensioni e funzione. Per fare tali nanomacchine si sono usati molti tipi di molecole, come le proteine, i grassi, i polimeri e il DNA.
Tutte queste molecole operano in modi diversi. Tuttavia, il funzionamento di molte di loro dipende da cambiamenti nell’ambiente circostante, ad esempio nell'acidità e nella temperatura, o dall'esposizione alla luce. Molte di queste nanomacchine sono state usate per trasportare farmaci per curare certe malattie o per migliorare le pratiche agricole.
Queste macchine si sono rivelate rivoluzionarie per il settore, ma molte non sono abbastanza complesse per le nostre esigenze. Alcune hanno anche bisogno di essere più programmabili, per fare certe cose. Questi progressi possono essere realizzati grazie alla creazione di nanomacchine basate sul DNA.
Il campo delle nanotecnologie fece un enorme salto nel 1982. In quell’anno il DNA venne aggiunto alla cassetta dei nanoattrezzi dello scienziato. All'inizio, gli scienziati volevano usare la nanotecnologia del DNA per cristallizzare le proteine per studiarne la struttura. La cristallografia a raggi X viene spesso usata per determinare la struttura tridimensionale di una proteina, ma la cristallizzazione delle proteine rappresenta una sfida per molte ragioni. La proteina desiderata deve essere pura, si devono ottenere cristalli della proteina in condizioni diverse e dei cristalli ottimali da esaminare.
L'idea alla base della nanotecnologia del DNA era quella di usare il DNA come reticolo cristallino, o struttura di supporto, per contenere le proteine. È un po’ come costruire un vassoio con dei contenitori per piante in punti specifici, piuttosto che spargere i semi delle piante in una scatola piena di terra. Si sperava che ciò potesse favorire la formazione del complesso proteina-DNA. Ma non fu un'impresa facile. I ricercatori impiegarono quasi 30 anni per ottenere il primo cristallo di DNA. Attualmente si sta lavorando molto per espandere questi reticoli, per realizzare l'obiettivo iniziale stabilito nel 1982.
Il DNA non solo ha agevolato la progettazione dei cristalli, ma ha portato alla creazione di intricate nanomacchine. Uno dei principali contributi alla nanotecnologia da parte del DNA dipende dal fatto che è una molecola assai ben studiata. Dal momento che la conosciamo così bene, le strutture possono essere assemblate in modi molto precisi. Possiamo immaginare il DNA come una struttura composta da minuscoli mattoncini Lego. Questi mattoncini possono assemblarsi realizzando un'ampia varietà di forme e strutture su scala nanoscopica e lo fanno in un modo che sembra l’assemblaggio automatico di un nano-Voltron. Inoltre, il DNA è estremamente programmabile, per questo lo si può usare per costruire strutture più grandi e complesse.
Cosa vuol dire qui programmabile? Vuol dire che il DNA segue regole molto specifiche nell’appaiamento delle basi. Secondo queste regole ogni base di un nucleotide si lega sempre e soltanto a un’altra base specifica. L’adenina (A) si lega alla timina (T) e la guanina (G) si lega alla citosina (C). Possiamo immaginare le adenine e le timine come mattoncini Lego con due borchie e le guanine e le citosine come mattoncini con tre borchie. I mattoncini con due borchie si incastrano alla perfezione, ma non si appaierebbero bene con quegli altri. Lo stesso vale per i mattoncini con tre borchie. Grazie a queste regole gli scienziati possono progettare strutture molto complesse e sono riusciti a sviluppare poliedri (forme tridimensionali con più di sei facce), nanopinze, un Voltron nanoscopico e molto altro.
La varietà di nanostrutture di DNA che si possono creare è talmente vasta che anche i modi in cui possono essere usate sembrano illimitati. Molte nanostrutture vengono utilizzate nel campo della medicina, spesso come mezzo per trasportare farmaci di varie dimensioni, spaziando dalle piccole molecole fino alle grosse proteine.
Un vantaggio della tecnologia del DNA è che si possono programmare strumenti in grado di controllare il rilascio del farmaco. Sappiamo in che modo l’ambiente circostante influisce sul DNA, così possiamo usare i cambiamenti come strumenti per alterarne la forma e rilasciare il farmaco. In questo modo, il farmaco può essere trasportato in una posizione specifica nel momento desiderato.
Uno dei principali ostacoli all’uso del DNA nelle nanomacchine è la facilità con cui si degrada. Potrebbe essere difficile per una struttura arrivare al tessuto bersaglio prima che il DNA venga degradato. La ricerca si sta concentrando su questi problemi. Col tempo, i ricercatori sperano di riuscire a costruire strutture che abbiano la stessa complessità che la natura ha raggiunto nell’arco di milioni di anni.
Vuoi provare a cimentarti con qualche esercizio di bioingegneria? Costruisci dei modelli specifici usando set di blocchi colorati nel gioco Nano Building (in inglese). Prova i livelli facile, medio e difficile, o prova a costruire la tua struttura nella sezione Sandbox del gioco.
Curiosity Rover, illustrazione della NASA. Questa sezione di Ask A Biologist è stata create grazie alla borsa di studio NSF numero 1753387.
Julio Bernal, Tara MacCulloch. (2022, June 14). Bionanotecnologia: minuscole macchine della natura, (Chiara Polesinanti , Trans.). ASU - Ask A Biologist. Retrieved November 18, 2024 from https://askabiologist.asu.edu/italiano/bionanotecnologia
Julio Bernal, Tara MacCulloch. "Bionanotecnologia: minuscole macchine della natura", Translated by Chiara Polesinanti . ASU - Ask A Biologist. 14 June, 2022. https://askabiologist.asu.edu/italiano/bionanotecnologia
Julio Bernal, Tara MacCulloch. "Bionanotecnologia: minuscole macchine della natura", Trans. Chiara Polesinanti . ASU - Ask A Biologist. 14 Jun 2022. ASU - Ask A Biologist, Web. 18 Nov 2024. https://askabiologist.asu.edu/italiano/bionanotecnologia
Quando pensi ai robot, forse ti vengono in mente quelli che si usano nelle fabbriche o il rover Curiosity che esplora la superficie di Marte. Ma che dire di quei robot così piccoli che potrebbero stare in una cellula?
Nano vuol dire piccolo… ma quanto piccolo? Per scoprirlo leggi Nanoparticles – A Matter of Scale (in inglese).
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